Spesa militare o spesa sociale?

Leggo sul settimanale Die Zeit un articolo secondo cui soltanto i ‘populisti’ contrappongono spesa militare a spesa sociale. Una presa di posizione aspra, che ha un obiettivo: mettere in discussione la credibilità politica dell’Alleanza Sara Wagenknecht (BSW), il nuovo partito di sinistra, che ha avuto un grande successo nelle recenti elezioni regionali in Germania. Nessuna coalizione è ora possibile senza il suo sostegno in Thüringen, Sachsen e Brandenburg.

Ricorrere a un termine vuoto di significato come ‘populista’ per classificare l’Alleanza Sahra Wagenknecht non riesce a nascondere le contorsioni logiche e politiche con le quali in Germania e nelle democrazie liberali europee si sta cercando di sciogliere il dilemma “spesa militare versus spesa sociale”.

Quando andarono al governo con Willy Brandt alla fine degli anni Sessanta, i socialdemocratici tedeschi ereditarono – e consolidarono – lo Stato sociale come progettato e realizzato dai cristiano-democratici. Non è facile ridurre la spesa sociale in Germania, sono estese e profonde le sue radici nella società.

Il Governo in carica – Socialdemocratici, Verdi e Liberali – aveva scelto la strada di un consistente aumento della spesa militare. Che avrebbe potuto realizzare solo riducendo la spesa sociale o aumentando il disavanzo e l’indebitamento pubblico. Una scelta condizionata da un altro tabù della società tedesca: non perdere mai il controllo del debito pubblico. E su questo dilemma il Governo è caduto.

Sahra Wagenknecht è stata un’esponente del partito Die Linke – la sinistra radicale in Germania –, dal quale è uscita. Ha anticipato il suo progetto politico con un libro che ha venduto in Germania più di un milione di copie. E ha avuto subito un grande successo elettorale.

L’Alleanza Sahra Wagenknecht non ritiene ci sia un dilemma da sciogliere, perché non ritiene necessario aumentare le spese per la difesa militare. E non lo ritiene necessario perché non crede che la Russia minacci militarmente l’Europa.

In effetti, perché la Russia dovrebbe farlo? Che abbia intenzione di farlo è una convenzione entrata nel discorso pubblico in Europa come un assioma, ma è naturalmente un’ipotesi. E non mi è mai capitato di leggere o ascoltare un intellettuale, un analista o un politico che provasse ad argomentare che si tratta di un’ipotesi corroborata dalla logica o dall’evidenza empirica.

Non sarà sufficiente definire Sahra Wagenknecht una ‘populista’ per escludere dal dibattito preelettorale la questione del realismo dell’ipotesi che la Russia sia una minaccia militare per l’Europa. Sarà una campagna elettorale che ci riguarda, quella che inizia ora in Germania – nella quale saranno gli intellettuali pubblici ad avere un ruolo chiave.

 

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