Categoria: Progetto europeo

Ah, il Pnrr!

Stavo ascoltando “Zapping”, la storica trasmissione serale di Rai Radio 1. Sento l’invitato, un noto intellettuale pubblico (economista), affermare che nel concedere così tanti prestiti all’Italia nell’ambito del Pnrr la Commissione Europea si era forse “un po’ approfittata … dell’inesperienza del Governo Conte II, e anche del fatto che ambiva a mettersi una medaglia al petto … la Commissione aveva creato il fondo NextGenerationEU, il famoso fondo di 750 miliardi di Euro, ed era alla disperata ricerca di clienti, perché l’ultima cosa che voleva era che non andasse speso tutto e non le è parso vero … che l’Italia dicesse sì, vogliamo prendere a prestito il massimo possibile.” (“Zapping”, 7 novembre 2023).

Chi parlava era Roberto Perotti, invitato per presentare il libro appena pubblicato scritto insieme a un altro altrettanto noto intellettuale pubblico (economista), Tito Boeri: PNRR. La grande abbuffata (Feltrinelli, 2023). Rispondeva a una domanda precisa, giornalisticamente perfetta, del conduttore, Giancarlo Loquenzi, che gli chiedeva conto della tesi centrale del libro: perché l’Italia ha preso a prestito così tante risorse finanziarie, considerate le profonde conseguenze negative nel medio-lungo periodo sull’economia italiana? Se era così facile ‘vedere’ le conseguenze negative, come si afferma nel libro, perché il Governo italiano ha chiesto e la Commissione europea accettato di concedere un ammontare ‘eccessivo’ di prestiti?

Era una risposta senza senso quella che Perotti stava dando, e il conduttore sembrava perplesso. Sì, una risposta senza senso. L’approvazione del Pnrr, nella sua versione definitiva avvenuta nel luglio 2022, non è stata opera del Governo Conte II bensì del Governo Draghi – una tecnocrazia osannata nel dibattito pubblico come la massima manifestazione della competenza e dell’esperienza al servizio del Paese e del rigore logico e morale delle sue decisioni. E il Governo Draghi aveva il potere e le competenze per modificare radicalmente l’impostazione che il Governo Conte II aveva dato al Pnrr. Dire, poi, che la Commissione europea tratta come clienti i Paesi membri dell’Unione, neanche il più acceso anti-europeista avrebbe avuto l’ardire di affermarlo – clienti ai quali vende prodotti (debito pubblico, in questo caso) che sa essere letali – e se non lo sa è ancora peggio – per le condizioni in cui si trova il cliente (l’Italia, con il suo enorme debito pubblico).

Sul Pnrr ho le mie idee: credo sia stato l’esito di un fallimento – il naufragio cognitivo, morale e politico della Sinistra e della tecnostruttura giornalistico-accademica neoliberale con la quale si è saldata dagli anni Novanta. Le avevo presentate in tre video seminari che ho tenuto tra maggio e giugno 2021. L’avevo poi fatto con un breve saggio (La Sinistra italiana e il PNRR) pubblicato sul portale della “Casa della Cultura” di Milano nel luglio 2021. Al tema ho infine dedicato l’ultimo capitolo del libro L’uso dell’economia. La Sinistra italiana e il capitalismo (1989-2022). Ed è sullo sfondo di questo mio interesse che, dopo aver ascoltato la trasmissione “Zapping” – il giorno dopo –, sono corso alla libreria Feltrinelli di Ancona ad acquistare il libro di Tito Boeri e Roberto Perotti. Che, da ciò che stavo ascoltando, prometteva di essere un altro capitolo della surreale retorica che sin dall’inizio ha distorto il dibattito pubblico sulla costruzione e attuazione del Pnrr.

E ora, con il libro sul tavolo, mentre lo leggo, mi sembra che siamo arrivati alla fine di questa sconcertante storia intellettuale.

 

 

Il PNRR si può modificare

Credo che nessuno sappia come la Destra modificherebbe il Pnrr se il 25 settembre vincesse le elezioni. Ha annunciato che lo farà, ma credo che non lo sappia neanche lei. Se andrà al governo avrà il tempo per decidere e attuare le modifiche che intende fare.

La tecnostruttura politica, giornalistica e accademica liberista che ‘governa’ l’Italia, nella quale il Partito Democratico si identifica completamente (ne è il motore politico, in verità), può dire che la Destra modificherà il Pnrr in peggio. Non dovrebbe dire, però, – ma continua a farlo con ostinazione – che il Pnrr non può essere modificato. Non lo dovrebbe dire perché è falso. Il Pnrr può essere modificato, adeguato alle nuove condizioni, come sempre si è fatto per l’uso dei fondi europei. Ridiscutere in corso d’opera l’impiego delle risorse dei ‘fondi strutturali’ e della ‘politica agricola comune’ – le principali componenti del Bilancio dell’UE – lo si è sempre fatto. Con i drammatici eventi che stanno sconvolgendo l’economia europea (e mondiale) lo si dovrà fare e lo si farà.

Come si fa a dire, credendoci, che non si dovranno spostare le risorse del Bilancio Europeo 2021-2027 – e quindi del Pnrr – su misure che compensino gli effetti sociali ed economici della crisi energetica, ad esempio?

La Sinistra italiana – ma anche il Movimento 5 Stelle – ha mistificato senza imbarazzo e pudore il significato e la portata del Pnrr mentre lo costruiva durante il Governo Conte II e il Governo Draghi, e ora continua a farlo affermando che “non si può modificare”. Della mistificazione del Pnrr avevo discusso in un breve saggio ­ – “La Sinistra italiana e il PNRR” – che ho pubblicato più di un anno fa sul portale della “Casa della Cultura” di Milano. Scrivevo che il Pnrr non avrà neanche lontanamente gli effetti sul reddito e sull’occupazione annunciati; che è soprattutto un piano marcatamente liberista di riforme dei fondamenti giuridici del capitalismo italiano; che la condizionalità – riceveremo trasferimenti e prestiti solo se si attuano le “riforme” – era solo retorica, gioco delle tre carte, e che diventa persuasiva in un Paese con un dibattito pubblico allo sbando. (Secondo l’architettura dell’Unione europea, non esiste – non può esistere – nessuna condizionalità generale sui fondi del Bilancio europeo (e il Pnrr è parte del Bilancio europeo).)

Si può anche ritenere che la Destra, una volta al governo, farà naufragare l’economia italiana, ma opporsi ad essa in campagna elettorale con argomentazioni artefatte non conduce da nessuna parte (ed è moralmente riprovevole).

Quali sono le modifiche che la Sinistra – la sua tecnostruttura – teme che la Destra attui? Il non dirlo (nessuno dei suoi leader lo ha detto) equivale a farne solo una questione di (non dimostrata) ‘incompetenza’: come dire, qualsiasi cosa faranno, sbaglieranno (tecnocrazia per sempre, quindi?). Dare agli altri dell’incompetente tradisce, spesso, la propria arroganza intellettuale. Ma può essere anche un modo per de-politicizzare le scelte pubbliche: l’Agenda Draghi per sempre, appunto.

Non è il naufragio della Sinistra ciò che abbiamo sotto gli occhi, perché c’è già stato. Sono voci dall’isola deserta dove sono approdati i suoi leader quelle che si sentono.