La ‘prossima generazione’ ce ne sarà grata. Ci sarà grata della lungimiranza che stiamo dimostrando, ora, aumentando la spesa militare, riarmandoci. Lo dobbiamo fare indebitandoci sui mercati finanziari internazionali, perché sarebbe difficile trovare spazio nel bilancio pubblico dell’Italia e degli altri paesi dell’Unione Europea per una spesa militare di molto maggiore di quella che già facciamo. Ai nostri figli e i nostri nipoti lasceremo il peso di un debito pubblico ancora maggiore, ma è il prezzo che pagheranno per vivere in una società libertà, il prezzo della loro libertà. E saranno orgogliosi di noi, della nostra capacità di costruire il loro futuro, di avere garantito loro la libertà.)
(Certo, coraggiosa l’attuale generazione non può dirsi: perché le risorse per il riarmo si potrebbero ricavare riducendo i suoi consumi oggi, non quelli della prossima generazione.)
Per il mestiere che ho fatto la ‘prossima generazione’ l’ho avuta difronte per una vita. Non era una categoria astratta, si materializzava come classe – un insieme di individui con un nome e un cognome, adulti secondo i criteri del nostro atlante occidentale. E quando li hai lì davanti a te, quelli della prossima generazione, l’idea che tu possa decidere per loro la società nella quale vorranno vivere – e persino che tu sappia in quale società vorranno vivere prima di loro e meglio di loro –, semmai ti sia venuta, ti apparirà stravagante.
La prossima generazione che secondo questa generazione sarà grata per il riarmo che ci si appresta a realizzare già esiste. Perché non chiederglielo, allora, cosa pensa del riarmo in Europa? E forse ci dirà che non crede affatto nella relazione causale tra l’aumento della spesa militare oggi e la loro libertà e sicurezza domani, che crederci è solo un’ossessione. E che poi farlo scaricando su di loro l’indebitamento pubblico necessario per il riarmo è arroganza.