L’Europa e la Nigeria (o dell’illusione di vincere)

Qualche mese fa Olaf Scholz, l’attuale Primo ministro della Germania, ha rilasciato una lunga e impegnativa intervista a “Die Zeit”[i] sugli obiettivi del suo Governo e sugli strumenti per raggiungerli. Mi aveva suscitato un perplesso interesse, e di recente mi è ritornata in mente nel leggere una riflessione sulla storia (e il futuro) della Nigeria[ii]. Mi è ritornata in mente insieme all’ultimo saggio che Giacomo Becattini ha pubblicato in vita[iii] ­– un saggio che avrebbe dovuto attrarre molta più attenzione.

Nell’intervista di Scholz, alla guida della più grande economia dell’Unione europea, il tema centrale era la crescita economica – l’aumento della scala della produzione in Germania. Annunciava (ma era una conferma) che la Germania si stava predisponendo ad accogliere un consistente flusso migratorio per accrescere la sua forza-lavoro, passo necessario per realizzare la traiettoria di crescita desiderata. E si apprestava, di conseguenza, a realizzare una consistente espansione del patrimonio abitativo. Nell’intervista non c’era traccia di una riflessione sulla relazione tra gli obiettivi che il Cancelliere tedesco annunciava e le traiettorie economiche, sociali e politiche del resto mondo.

Nel suo ultimo saggio Becattini aveva sollevato un tema di straordinaria rilevanza sullo sfondo del processo di globalizzazione che aveva a lungo studiato – certo, ispirato dalle vicende del distretto industriale di Prato. Un tema che alla scala globale era stato svolto con uno storico accordo transnazionale, con il quale è nata l’Unione europea: promuovere una distribuzione equa tra Paesi della produzione industriale e agricola. Per non lasciare completamente ai ‘mercati competitivi’ la scelta della localizzazione delle attività produttive. Prima che il Progetto europeo fosse de-costruito e guastato dall’ideologia neoliberale, la perequazione territoriale della produzione all’interno dei confini europei era uno dei suoi temi centrali.

Come tanti altri Paesi fuori dall’immaginario europeo, la Nigeria è inspiegabilmente sottovalutata – e certo non stava nei pensieri di Scholz mentre si lasciava intervistare. Ma basterebbe riflettere sul suo trend demografico (se proprio vogliamo continuare a non prendere seriamente la sua società) per capire che non ha senso farlo. La sua popolazione attuale è di 213 milioni, e secondo le proiezioni di United Nations Population Division sarà di 400 milioni nel 2050 e di 700 milioni nel 2100, quando diventerà il più popoloso Paese dopo India e Cina. E già oggi il 50% dei suoi abitanti ha un’età compresa tra zero e 17 anni. Nei prossimi 10-20 anni, in Nigeria ci sarà un’imponente quantità di forza-lavoro in cerca di un lavoro – che poi vuol dire un enorme numero di persone in cerca di un lavoro.

La Nigeria si appresta a diventare il caso più eclatante, ma sono molti i Paesi ‘non europei’ che contribuiranno a generare nei prossimi decenni, alla scala globale, una enorme forza-lavoro in cerca di un lavoro.

A questo punto della storia economica del mondo, la convinzione che si debba lasciare ai mercati competitivi le ‘decisioni’ sulla localizzazione della produzione credo appaia una follia a chiunque non abbia una mente prigioniera del paradigma mercatista. Vale a dire, a chiunque non appartenga all’élite politica e intellettuale che governa i Paesi europei.

Se quella che Becattini propone nel suo ultimo saggio è un’utopia, allora significa che in Europa dovremmo ri-cominciare a trasformare le utopie in progetto politico.

 

Testi citati

[i] Wie grün ist der Kanzler (intervista di Bernd Ulrich a Olaf Scholz), “Die Zeit”, N. 18/2023.

[ii] H.W. French, The Creation of Nigeria, “New York Review of Books”, 8 giugno 2023).

[iii] Becattini, G. (2015). La coscienza dei luoghi. Il territorio come soggetto corale. Roma: Donzelli.

 

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