Extra-profitti

Improvvisamente, nel dibattito pubblico italiano, è entrato il termine ‘extra-profitti’ – per dare un nome al fenomeno di un rapido e notevole incremento dei profitti di imprese che operano nello stesso mercato: e si è cominciato a parlare degli extra-profitti delle case farmaceutiche, degli extra-profitti delle banche. E di recente il Governo italiano ha proposto di tassare proprio gli extra-profitti delle banche.

Per tassare gli extra-profitti si deve distinguere nel bilancio di un’impresa i profitti ‘normali’ da quelli ‘anormali’ – gli extra-profitti, appunto. Sugli extra-profitti si dovrà poi applicare una aliquota specifica, che dovrà essere più alta (molto più alta) di quella vigente sui profitti ‘normali’. Sembra semplice farlo, ma non lo è per niente, e ne nascerà una controversia senza fine se il Governo conferma le intenzioni. Non è semplice perché non c’ è modo di distinguere, nei bilanci delle imprese, la quota di profitto ‘normale’ da quella ‘anormale’ se non introducendo una valutazione etica, espressa poi come valutazione politica. Che poi dovrebbe diventare tassazione fortemente progressiva dei profitti.

La proposta ha creato sgomento tra i liberali di fede mercatista – tra i liberali-liberisti. Che non tollerano neanche un accenno allo sguardo etico sul capitalismo, soprattutto quando è lo sguardo della democrazia che dovrebbe farsi etico. Temono che si diffonda l’opinione che sia legittimo il giudizio politico sugli esiti del mercato. Lo sgomento si sta trasformando in filosofeggianti obiezioni (fatte da chi, letteralmente, neanche sa di cosa parla quando parla di capitalismno), e si sta mobilitando la tecnostruttura giornalistico-accademica neoliberale per contrastare la decisione del Governo.

Sarà una storia da seguire, nelle prossime settimane – che certo non finirà come il Governo ha annunciato. Una storia che contiene, però, un’altra storia molto pèiù significativa, che è in cerca di protagonisti. Prima di preoccuparsi dello sguardo etico della democrazia che si accende, i liberali-liberisti dovrebbero soffermarsi su un fatto: la simultanea e grande crescita dei profitti realizzati da tutte le banche ha evidenziato (si dovrebbe dire: confermato – e non ce n’era neanche bisogno) che quello dei servizi bancari e finanziari non è un mercato concorrenziale. Neanche una banca ha provato ad aumentare la sua quota di mercato con una politica dei prezzi dei suoi servizi diversa da quella delle altre banche.  L’insieme delle banche si è comportato come un ‘cartello’.

Ora, chi ha la responsabilità politica dei fondamenti giuridici del sistema bancario e finanziario italiano? Chi ha la responsabilità del fatto che quello dei servizi bancari e finanziari non è in virtù dei suoi fondamenti giuridici un mercato competitivo? Che ne pensano gli inbtellettuali e i politici di fede liberal-liberista?

Sarà anche molto sfocato ed incerto – ed anche parziale – lo sguardo etico che il Governo getta ora sugli esiti del mercato – sul funzionamento del capitalismo italiano; sarà anche solo propaganda alla quale non seguirà nulla di concreto. Sarà anche uno sguardo ipocrita, perché in realtà è solo ricerca disperata di fondi per far quadrare il bilancio pubblico. Comunque, richiama un tema di grande importanza, che segna la riflessione sul capitalismo sin dall’inizio dell’Ottocento, da quando si consolidano le democrazie liberali – e il non l’averlo svolto ha condotto la Sinistra italiana al naufragio.

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