Le politiche pubbliche sono ‘pensiero’, il prodotto di una ‘mente collettiva’. Certo, per farne la genesi si può iniziare soffermandosi su come ‘pensano i governi’. La costruzione di una politica pubblica avviene però (quasi) sempre sullo sfondo di un dibattito pubblico, e poi di un dibattito parlamentare (quando il parlamento la deve approvare). Per numerose politiche entra in gioco l’interazione con la Commissione europea. E così è stato per il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), nato dal ‘pensiero’ di una complessa ‘mente collettiva’.
Raccontare la genesi del Pnrr è un tema importante e impegnativo, Significa fare il racconto di un disastro intellettuale e politico: del naufragio della Sinistra italiana, portata fuori strada dai suoi dis-organici intellettuali. Ed è un tema che Tito Boeri e Roberto Perotti svolgono, nel loro recente libro (Pnrr. La grande abbuffata, Feltrinelli, 2023). Del Pnrr danno, ora, un giudizio profondamente negativo. Però, tutte le ragioni per darne questo giudizio erano già palesi mentre il Governo Conte II e il Governo Draghi formulavano e poi approvavano il Piano. E scriverci un libro ora serve soltanto a suggerire una domanda: perché quete ragioni non sono emerse prima? Perché non sono emerse in tempo nel dibattito pubblico?
Affermare che un governo, impegnato a formulare una politica considerata decisiva per il futuro dell’Italia, degli effetti di quella politica ha fatto una “esaltazione acritica” indicava la strada da seguire. Ma gli Autori ne prendono una diversa “… sarebbe politicamente e umanamente irrealistico pensare che un governo impegnato nello scrivere e realizzare il Piano potesse propugnare una narrazione diversa …” (p. 20). Ora, le motivazioni politiche per ricorrere a una “esaltazione acritica” di una politica pubblica da parte di chi la propone si chiamano propaganda. (Le motivazioni umane non ho capito che rilievo possano avere in questo contesto: bisogno di ammirazione e auto-compiacimento infondato sono patologie gravi per un politico.) L’esaltazione acritica degli effetti del Pnrr non si è manifestata soltanto in approssimativi dibattiti televisivi o in enfatici interventi parlamentari. E’ emersa anche in innumerevoli interventi che provenivano dal milieu giornalistico-accademico liberale, che hanno segnato il dibattito pubblico. Si è manifestata anche nello stesso Documento di piano, con un capitolo finale nel quale gli inverosimili effetti positivi sull’economia italiana del Pnrr – con uno scientismo esasperato – emergevano dal ‘solito’ modello statistico-economico (che nessuno ha messo in discussione).
È stata solo propaganda, ma per spiegare le deficienze del Pnrr gli Autori del libro chiamano in causa l’inesperienza – che poi è una forma debole dell’incompetenza. Un Pnrr sbagliato sarebbe allora figlio di “un governo inesperto ed esposto a sollecitazioni di tutti i tipi”, incapace di “moderare l’appetito e di non farsi prendere dall’ingordigia.” (p. 31). Ed è del Governo Conte II che stanno parlando – commettendo due errori, di natura diversa. Ma nella sua versione definitiva, il Pnrr è stato approvato dal Governo Draghi, che ne porta quindi la responsabilità politica e tecnica. E chiamare in causa l’inesperienza (e incompetenza) dei due Governi nella formulazione del Pnrr non ha proprio senso farlo.
Nel Governo Conte II Roberto Gualtieri era alla guida del Ministero dell’Economia e delle Finanze, organizzazione di cui fanno parte apparati burocratici come il Dipartimento del Tesoro e la Ragioneria dello Stato (e molti altri Dipartimenti, Agenzie e Comitati di esperti, in questo e altri Ministeri) che è assurdo rappresentare come ‘inesperti e ‘incompetenti’. E certo neppure il Ministro stesso poteva essere considerato ‘inesperto’. Nel Governo Draghi, un’acclamata e salvifica tecnocrazia nella vulgata generale, a guidare il Ministero dell’Economia e delle Finanze era Daniele Franco – già Direttore Generale della Banca d’Italia, già a capo della Ragioneria dello Stato (e molto altro): il massimo dell’esperienza (e della competenza) che si possa immaginare per la costruzione del Pnrr.
No, la genesi del Pnrr dell’Italia è tutta un’altra storia.